La Fabian Riz Orquestra
Completato a Comeglians l’omaggio musicale a Ferigo cantautore. Dal folk, al coro a cappella, dal blues al rap, gli interpreti hanno fatto rivivere canzoni che sono così diventate dei classici senza tempo
COMEGLIANS – Quando il Villa Chorus ha spento le proprie voci sull’ultima strofa di Conzeit: “Tai dîs ch’a sin laràn / plens di te ma cença di te” (Nei giorni che se ne andranno / pieni di te ma senza di te), il cerchio aperto attorno alle canzoni di Giorgio Ferigo si è chiuso. Se ne aprirà un’altro ed avrà il diametro di 12 centimetri: quello del Cd che conterrà le interpretazioni di gruppi e cantanti che hanno partecipato a “… e intant i ai dibot 60 agns”, omaggio al repertorio musicale del più vivace e profondo degli intelletti carnici contemporanei (assieme a Leonardo Zanier), morto il 5 novembre di due anni fa.
Dopo la serata del 9 agosto a Villacaccia, giovedì 20 agosto le voci e gli strumenti si sono ritrovati a “casa” di Giorgio: Comeglians, in un clima meno carico di zanzare, rispetto ai Colonos, ma più afoso (parentesi di costume: faceva così caldo che nel tardo pomeriggio c’è stata una donna che a Comeglians ha sagacemente optato per una tenuta poco più che adamitica, nell’adempimento di opere di pulizia sulla pubblica strada).
I microfoni si sono chiusi su un coro, come si erano aperti. È toccato a quello “Nove per caso” cominciare la serata. Ed è stato un principio toccante, una scossa emozionale trasmessa dalla dedizione e cura con la quale le voci, provenienti dai centri di salute mentale di Udine Gemona e Tolmezzo, hanno saputo interpretare la Cjantosa dai agnuluts. Una presenza significativa la loro, fortemente voluta da Cristina Scarselletti, una delle menti incendiarie presenti il giorno in cui fu concepito “… intant i ai dibot 60 agns”. Accadde poco meno di un anno fa a Malga Lavareit. Le mucche erano già ridiscese a valle, avevano demonticato, per dirla fredda. Quella sera un piccolo gruppo di persone diede corda all’idea di Claudio “Pronti” Pellizzari, neomalgaro postrock e, come svela chi c’era: “tra un frico e un pezzo di polenta, cominciammo a cantare, con le pentole come percussioni”. Mai follia fu più saggia, e si deve a quella notte di streghe danzanti e note spignattanti se oggi le canzoni di Ferigo hanno ritrovato vita. Tra quegli spiriti spumeggiantemente spiritati c’erano anche Fabian Riz e Guido Carrara, presenti qui sul palco dell’Alpina e interpreti efficaci, il primo con la sua dirompente “Orquestra”, il secondo con la Bande Tzingare e le proprie pieghe malinconiche e beffarde mutuate dall’Argentina.
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