Questa pagina dà spazio a lettere aperte non anonime. Scrivere a: brollo.francesco@gmail.com
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Le stragi del sabato sera: come difendere i nostri ragazzi?
Nelle nostre valli il mese di marzo si chiude con il bilancio di una strage; i morti solo ragazzi, involontari kamikaze della strada.
Le laconiche notizie dei giornali sorvolano per pietà sulle cause, meno ancora dicono delle possibili soluzioni.
Leggo la lettera, molta politica, poche idee, dell’amico Marco Lepre.
Cultura o no, l’alcool ha altre attrattive, e altri tempi della vita. Un cinquantenne vede la vita con altre prospettive, e dimentica spesso di essere stato anche lui un incosciente convinto dell’immortalità.
Eh si, bisogna avere il coraggio di dare a Cesare quel che è di Cesare.
Ma scagli la prima pietra chi è senza peccato.
Anche noi abbiamo abusato di qualcosa. Fa parte dell’età. Ragazzi ne morivano negli anni 80, altrettanti negli anni ’90, e così avanti tra lacrime e pianti fino ad oggi.
Eppure qualcosa è cambiato, e in meglio: più tecnologia, migliore organizzazione sociale, progresso medico, facilità nella comunicazione.
Eppure si muore lo stesso, come prima o più di prima.
Che fare?
La disputa tra Voltaire e Rousseau è ancora di grande attualità.
Sia la società che abbruttisce l’uomo che è buono di natura o l’uomo cattivo che viene moderato dal vivere sociale, nessuno è ancora in grado di dirlo con certezza.
Quale sia la risposta è certo che la società ha il dovere di intervenire nei rapporti sociali e far si che un certo ordine, a tutela della libertà di tutti, vada mantenuto.
Certo molti soldi sono stati spesi per la pista “guida sicura”, ma se apriamo il capitolo degli sprechi, poveri noi. A Cercivento stanno costruendo un asilo nuovo da 800mila euro, ma dal prossimo anno non essendoci più bambini, quello vecchio chiude. Pensate un po’.
Non saranno certo investimenti sulla cultura che cambieranno la rotta del disagio. Almeno a breve o medio termine.
Trovo molto più semplice ed efficace dotare tutte le caserme dei C.C. di un etilometro, fargli risparmiare un po’ di carte e precettarli tutti il venerdì e sabato sera per i controlli che l’ecatombe di questi giorni rendono improrogabili.
Quando una banda di ladruncoli rubacchiavano per le case di Tolmezzo, il bravo capitano che comanda quella compagnia, primo tra i suoi uomini, non si è dato pace, e notte dopo notte ha pattugliato strade e case, fino a quando non li ha beccati.
Io dico che la vita di quei 4 giovani che insanguinano l’inizio primavera della Carnia del 2010, abbisognano di misure straordinarie.
La Polizia non sia da meno. Bar chiusi all’una e alcolici sospesi alle undici. Se non basta, anticipo di un ora.
Le forze dell’ordine sanno dove agire e dove colpire. Sanno dove i bar sforano fino alle 4, 5 e anche 6 della mattina. Dove ci si incontra per le gare tra auto, le strade alternative praticate dagli habituè dell’alcool.
E’ venuto il momento di dimostrare alla montagna che sono qui per aiutare, non solo per infierire.
Se il buonsenso non basta, bisogna agire con la forza della determinazione.
Le urla di quei ragazzi bruciati vivi, prigionieri nella Clio ad Arta, gridano ogni notte nelle orecchie di tutti noi: paesi, famiglie, forze dell’ordine, parrocchie, istituzioni in primis. Diamogli pace, costi quel che costi.
Renato Garibaldi (13 aprile 2010)
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Vittime e responsabili
Domande e considerazioni dopo i recenti incidenti stradali
Premetto che non conoscevo le giovani vittime degli incidenti stradali verificatisi alcuni giorni fa e che non intendo esprimere giudizi nei loro confronti e nei confronti delle famiglie, così duramente colpite.
Sono rimasto, però, anch’io fortemente impressionato dalla vicenda e da alcuni fatti, che lasciano pensare che gli avvenimenti non siano accaduti solo per una fatalità, ma si inseriscano in un contesto di abitudini e di comportamenti giovanili diffusi e quanto mai preoccupanti. Un conto, infatti, sono gli eccessi e le “esperienze” che ogni giovane nel corso della sua vita fa o, prima o poi, può avere provato; un altro è un utilizzo del “tempo libero” prevalentemente o quasi esclusivamente incentrato su forme di divertimento prive di senso o attraverso le quali si arriva addirittura a mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri.
Non è certo giusto generalizzare ed accomunare tutti i giovani in un giudizio così severo, ma come si fa a non vedere il grande vuoto culturale in cui è maturato questo avvenimento? Diversamente dal cronista, che ha riferito il fatto senza commentarlo, ho trovato, poi, inimmaginabile e agghiacciante il modo scelto, certamente con buone intenzioni, per salutare una delle vittime: l’uscita del feretro è stata accolta dal rombo dei motori delle auto degli amici, schierate all’esterno della Chiesa di Cadunea. Una scena irreale, anche a leggerla.
I livelli di responsabilità sono diversi e toccano, in primo luogo, chi, con il proprio comportamento, ha fatto del male a se stesso e, non dimentichiamolo, avrebbe potuto causare anche vittime innocenti e inconsapevoli, ma, come si fa a non sentirsi almeno un po’ “responsabili” di quanto accaduto, in quanto facenti parte di una comunità in cui i giovani pare non abbiano niente di meglio da fare che bere in modo esagerato, correre in auto spericolatamente e passare le serate, nella migliore delle ipotesi, a giocare a calcio balilla da un locale all’altro?
Se ci interessa veramente non solo l’incolumità dei nostri ragazzi, ma anche il loro benessere fisico e mentale, lo sviluppo delle loro capacità e la loro crescita civile, dovremmo cercare di combattere quel grande vuoto culturale che pare caratterizzare l’esistenza di molti di essi. I cittadini – ed in primo luogo le istituzioni – dovrebbero interrogarsi a fondo sulle cause di questa situazione e sull’importanza di investire in cultura, che non è solo quella delle grandi e costose mostre organizzate ad Illegio.
All’incirca una trentina di anni fa, giovani studenti che oggi hanno probabilmente la stessa età dei genitori dei ragazzi morti negli incidenti (e, chissà, forse erano alcuni di loro), si battevano, nel disinteresse quasi generale, per arricchire l’offerta culturale della Carnia: chiedevano luoghi d’incontro per i giovani che fossero diversi dai bar; proponevano di estendere gli orari di apertura delle biblioteche e di creare spazi e strumenti per produrre informazione e dibattito. Erano l’espressione di quel movimento, iniziato qualche anno prima, cui oggi irride un Ministro dell’Istruzione capace solo di tagliare risorse fondamentali alla scuola pubblica, parte di un Governo e di una formazione politica che, quanto a rispetto delle regole, non costituisce certo un esempio edificante.
Se, almeno i nostri rappresentanti regionali e locali ripartissero dalle proposte e dai progetti di allora e dessero un segnale di dialogo e impegno concreto, invece di continuare a considerare la cultura come un “lusso” o come un “fiore all’occhiello”; invece di non preoccuparsi se la Carnia si ritrova per un anno intero senza un cinema aperto; invece di togliere le sedi alle poche associazioni culturali rimaste; invece di incentivare ripetutamente manifestazioni sportive a carattere motoristico (enduro, rally, go-kart, nella versione proposta anche per i più piccoli); invece di lasciare che tutte le feste e le manifestazioni ruotino attorno al consumo di alcool, perché è quello che garantisce un sicuro introito. Allora, dopo l’ultima tragedia, si avrebbe imparato qualcosa e non si piangerebbero quelle che appaiono, purtroppo, solo lacrime di coccodrillo.
Si dirà che questi sono solo bei discorsi e che, in un periodo di crisi, tutti i settori devono fare i conti con la necessità di ridurre la spesa pubblica; ma, a parte che è ingiusto che la cultura sia la prima a pagare le conseguenze dei tagli, perché non cominciamo ad eliminare quello che è veramente superfluo e non costituisce una priorità?
A Tolmezzo è stata inaugurata recentemente la cosiddetta “pista polivalente ad uso palestra addestrativa per la guida sicura”, per la quale sono stati spesi 590 mila euro, impiegando fondi regionali e comunali. Nel fine settimana gli appassionati del locale “racing club” possono, così, “esercitarsi” affrontando le curve a piena velocità, lasciando sfogare i loro motori e stridere gli pneumatici (producendo un evidente e fastidioso inquinamento acustico).
Ebbene, questo impianto, definito “invidiabile” e di cui è stato scritto che bisogna andare orgogliosi, è stato giustificato con la necessità di ridurre gli incidenti di cui sono sempre più vittime i giovani. Secondo progettista e amministratori, la pista ha infatti una “funzione protettiva, educativa per la guida sicura”.
Non credo che i recenti incidenti, così come la gran parte di quelli che li hanno preceduti e di quelli che purtroppo seguiranno, sarebbero stati evitati con una “tecnica di guida sportiva”, con una migliore sensibilità nel dosare il pedale dell’acceleratore e del freno. No, non è questo che serve ai nostri giovani. Con quei soldi pubblici si sarebbero potute fare, invece, tante cose per la loro cultura e per una reale “prevenzione”.
Tolmezzo, 12 febbraio 2010.
Marco Lepre – già Assessore alla Cultura del Comune di Tolmezzo
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