Anche i gruppi carnici The Charlestones, Vanilla Resident e Morpheus/Mattia del Moro hanno fatto rivivere con successo i brani di Ferigo nella prima delle due manifestazioni dedicate all’indimenticato intellettuale carnico
VILLACACCIA DI LESTIZZA – Trapianto riuscito. Senza rigetti. Ed era mica facile. Ma valeva la pena rischiare e rischiararsi la voce con le canzoni di Giorgio Ferigo, interpretate da gruppi anche lontanissimi dal suo modo di fare musica. “… e intant i ai dibot 60 agns” si chiama l’iniziativa composta da due appuntamenti, quello tenuto domenica 9 agosto ai Colonos di Villacaccia e quello programmato a Comeglians il 20 agosto. Ne uscirà un doppio cd con le registrazioni delle canzoni che, da quanto sentito ai Colonos, meriterà l’ascolto. Attesi e per qualche istante anche tesi, i gruppi provenienti dalla Carnia, la terra di Ferigo, che proprio l’8 agosto avrebbe compiuto 60 anni. Abbiamo approfondito con loro il senso di ritrovarsi a suonare e cantare parole e musiche del più significativo cantore della malinconica allegria, distillata dai canali della Carnia.
Intanto, mentre il tramonto elencava in controluce il volo delle zanzare sul palco a Villacaccia, l’ideatore della manifestazione, Claudio ‘Pronti’ Pellizzari era probabilmente alle prese con Annibale, vacca dal muggito elefantesco ai 1470 metri di Malga Lavareit in comune di Paluzza, dove lavora e da dove scenderà per assistere al concerto del 20 agosto (a proposito, ricordiamo le parole di Ferigo sulle malghe: “Applicare le stesse regole di un bar di via Condotti a Roma a una malga a 2000 metri di altezza, è una delle più grandi scemenze che si possono fare, eppure sono state fatte”).
Al sodo: se gli Arbe Garbe hanno prevedibilmente tarantolato il pubblico, con il ritmo travolgente del loro folk rock esplosivo e balcanizzante, ma profondamente friulano, anche i musicisti venuti dalla Carnia hanno saputo lasciare il segno.
A seguire l’applausometro (moltissimo pubblico: presenti tra gli altri Gian Paolo Gri, Aldo Colonnello del circolo culturale Menocchio e il padrone di casa Federico Rossi) hanno vinto i Charlestones, ma visto che non era un concorso e men che meno siamo qui a fare classifiche, si può dire che tutte e tre le interpretazioni fornite dai gruppi carnici abbiano raccolto consensi. I Charlestones hanno fuso le parole di Un sabida di sera” nelle loro atmosfere britanniche: ne è uscito un pezzo insospettabilmente sinuoso e ritmico, dove il cantante Mattia ha dato mostra di inedita dimestichezza con i toni bassi. Ed è forse una coincidenza che il carnico (per loro era la prima volta che cantavano in “’marilenghe’) trovi una sponda in una matrice musicale d’oltremanica, così come uno dei più ragguardevoli studi antropologici sui carnici fu redatto una decina di anni fa da un britannico ‘Il popolo duro’ di Patrick Heady. Mattia del Moro (Brown and the leaves) assieme ai Morpheus ha steso le parole di “Ventura di Mille-Mieli” su un tappeto musicale quasi brasileiro, ricco di malinconica saudade. I Vanilla Resdent hanno rimasticato efficacemente la marcetta di “Un soldatin” con morsi di chitarra, basso e batteria cattivi, ma non troppo.
Per capire come gruppi carnici abbiano affrontato la sfida di interpretare i pezzi di Ferigo, ecco tre brevi interviste.
– Maurizio Di Qual (Vanilla Resident)
Come avete lavorato per reinterpretare il pezzo di Giorgio Ferigo ‘Un soldatin’?
“Abbiamo estrapolato il testo, proponendo una musica totalmente nostra. Il lavoro più grande è stato quello del cantante, perché mentre vocalizzava riusciva anche a trovare gli accordi giusti. Il lavoro è stato poi completato inserendo le parti di basso e batteria. Quindi per metà è stata un’opera cantautoriale – il testo – e per metà dei Vanilla Resident. É stata una bella prova, perché cantare una canzone in friulano, di un artista a noi lontano per musica e parole, è risultata essere una sfida molto interessante. Quando ci è stata proposta abbiamo detto di si immediatamente e non ci sono stati problemi né a cantare in friulano, né ad arrangiare un pezzo che musicalmente era molto distante da noi”. Conoscevate Ferigo? “Di fama. Io conoscevo i Povolar Ensemble, però non eravamo a conoscenza di tutte le sue canzoni, men che meno di quella che abbiamo fatto stasera. Comunque è stato un modo per avvicinarci a lui”.
– Mattia del Moro (Brown and the leaves)
Quale operazione hai compiuto per calare il testo di Ferigo nel tuo universo musicale?
“Siamo partiti dalla musica della band, che ha lasciato un arrangiamento molto latino, quasi sudamericano. L’abbiamo fatto per legarci al testo. Ci siamo rifatti all’immaginario delle parole usate da Giorgio, o comunque un aspetto del viaggio inteso colmo di atmosfere latine, un po’ di saudade brasiliane, che è molto forte anche per me. La malinconia non per qualcosa necessariamente di esistente, ma che c’è nella vita di tutti noi”. Ferigo lo conoscevi? “Si”.
– Mattia Bonanni (Charlestones)
Conoscevate Giorgio Ferigo e la sua musica?
“Prima di questo evento no, e sinceramente mi dispiace. Poi ne ho parlato con tanta gente che conosco che lo conoscevano. Mi hanno fatto capire che era importante. È stata dura all’inizio perché i gruppi che ci hanno preceduto cantavano in friulano e facevano musica folk, e noi siamo saliti sul palco cantando canzoni in inglese (ogni gruppo ha proposto due brani del proprio repertorio e uno di Ferigo, ndr) quindi avevamo un po’ di paura, ma alla fine è andata bene e la gente ha apprezzato anche la diversità. Poi ho introdotto il gruppo sul palco dicendo: cantiamo in inglese, ma parliamo in carnico…”. Accostandovi a un testo impegnativo come ‘Sabide di sere’, quali operazioni musicali avete compiuto? “Musicalmente la canzone era
molto lontana dal nostro genere, però anche fatta per essere portata al nostro modo di fare musica: cioè una ritmica saltellata, quindi non è stato particolarmente difficile trovare un arrangiamento, ci è venuto spontaneo”.
Francesco Brollo
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