Nuovo intervento nella sezione “lettere”. Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta di Marco Lepre, ex assessore alla cultura del comune di Tolmezzo:
Premetto che non conoscevo le giovani vittime degli incidenti stradali verificatisi alcuni giorni fa e che non intendo esprimere giudizi nei loro confronti e nei confronti delle famiglie, così duramente colpite.
Sono rimasto, però, anch’io fortemente impressionato dalla vicenda e da alcuni fatti, che lasciano pensare che gli avvenimenti non siano accaduti solo per una fatalità, ma si inseriscano in un contesto di abitudini e di comportamenti giovanili diffusi e quanto mai preoccupanti. Un conto, infatti, sono gli eccessi e le “esperienze” che ogni giovane nel corso della sua vita fa o, prima o poi, può avere provato; un altro è un utilizzo del “tempo libero” prevalentemente o quasi esclusivamente incentrato su forme di divertimento prive di senso o attraverso le quali si arriva addirittura a mettere a repentaglio la propria vita e quella degli altri.
Non è certo giusto generalizzare ed accomunare tutti i giovani in un giudizio così severo, ma come si fa a non vedere il grande vuoto culturale in cui è maturato questo avvenimento? Diversamente dal cronista, che ha riferito il fatto senza commentarlo, ho trovato, poi, inimmaginabile e agghiacciante il modo scelto, certamente con buone intenzioni, per salutare una delle vittime: l’uscita del feretro è stata accolta dal rombo dei motori delle auto degli amici, schierate all’esterno della Chiesa di Cadunea. Una scena irreale, anche a leggerla.
I livelli di responsabilità sono diversi e toccano, in primo luogo, chi, con il proprio comportamento, ha fatto del male a se stesso e, non dimentichiamolo, avrebbe potuto causare anche vittime innocenti e inconsapevoli, ma, come si fa a non sentirsi almeno un po’ “responsabili” di quanto accaduto, in quanto facenti parte di una comunità in cui i giovani pare non abbiano niente di meglio da fare che bere in modo esagerato, correre in auto spericolatamente e passare le serate, nella migliore delle ipotesi, a giocare a calcio balilla da un locale all’altro?
Se ci interessa veramente non solo l’incolumità dei nostri ragazzi, ma anche il loro benessere fisico e mentale, lo sviluppo delle loro capacità e la loro crescita civile, dovremmo cercare di combattere quel grande vuoto culturale che pare caratterizzare l’esistenza di molti di essi. I cittadini – ed in primo luogo le istituzioni – dovrebbero interrogarsi a fondo sulle cause di questa situazione e sull’importanza di investire in cultura, che non è solo quella delle grandi e costose mostre organizzate ad Illegio.
All’incirca una trentina di anni fa, giovani studenti che oggi hanno probabilmente la stessa età dei genitori dei ragazzi morti negli incidenti (e, chissà, forse erano alcuni di loro), si battevano, nel disinteresse quasi generale, per arricchire l’offerta culturale della Carnia: chiedevano luoghi d’incontro per i giovani che fossero diversi dai bar; proponevano di estendere gli orari di apertura delle biblioteche e di creare spazi e strumenti per produrre informazione e dibattito. Erano l’espressione di quel movimento, iniziato qualche anno prima, cui oggi irride un Ministro dell’Istruzione capace solo di tagliare risorse fondamentali alla scuola pubblica, parte di un Governo e di una formazione politica che, quanto a rispetto delle regole, non costituisce certo un esempio edificante.
Se, almeno i nostri rappresentanti regionali e locali ripartissero dalle proposte e dai progetti di allora e dessero un segnale di dialogo e impegno concreto, invece di continuare a considerare la cultura come un “lusso” o come un “fiore all’occhiello”; invece di non preoccuparsi se la Carnia si ritrova per un anno intero senza un cinema aperto; invece di togliere le sedi alle poche associazioni culturali rimaste; invece di incentivare ripetutamente manifestazioni sportive a carattere motoristico (enduro, rally, go-kart, nella versione proposta anche per i più piccoli); invece di lasciare che tutte le feste e le manifestazioni ruotino attorno al consumo di alcool, perché è quello che garantisce un sicuro introito. Allora, dopo l’ultima tragedia, si avrebbe imparato qualcosa e non si piangerebbero quelle che appaiono, purtroppo, solo lacrime di coccodrillo.
Si dirà che questi sono solo bei discorsi e che, in un periodo di crisi, tutti i settori devono fare i conti con la necessità di ridurre la spesa pubblica; ma, a parte che è ingiusto che la cultura sia la prima a pagare le conseguenze dei tagli, perché non cominciamo ad eliminare quello che è veramente superfluo e non costituisce una priorità?
A Tolmezzo è stata inaugurata recentemente la cosiddetta “pista polivalente ad uso palestra addestrativa per la guida sicura”, per la quale sono stati spesi 590 mila euro, impiegando fondi regionali e comunali. Nel fine settimana gli appassionati del locale “racing club” possono, così, “esercitarsi” affrontando le curve a piena velocità, lasciando sfogare i loro motori e stridere gli pneumatici (producendo un evidente e fastidioso inquinamento acustico).
Ebbene, questo impianto, definito “invidiabile” e di cui è stato scritto che bisogna andare orgogliosi, è stato giustificato con la necessità di ridurre gli incidenti di cui sono sempre più vittime i giovani. Secondo progettista e amministratori, la pista ha infatti una “funzione protettiva, educativa per la guida sicura”.
Non credo che i recenti incidenti, così come la gran parte di quelli che li hanno preceduti e di quelli che purtroppo seguiranno, sarebbero stati evitati con una “tecnica di guida sportiva”, con una migliore sensibilità nel dosare il pedale dell’acceleratore e del freno. No, non è questo che serve ai nostri giovani. Con quei soldi pubblici si sarebbero potute fare, invece, tante cose per la loro cultura e per una reale “prevenzione”.
Tolmezzo, 12 febbraio 2010.
Marco Lepre – già Assessore alla Cultura del Comune di Tolmezzo
condivido in pieno quanto scrivi, marco
purtroppo temo che quello che tu proponi costruttivamente, pensando alla cultura come un antidoto naturale a molti dei mali del nostro tempo, sia un rimedio non solo scarsamente legato a qualsiasi forma di monetizzazione (il mondo delle auto è primariamente un business, e nessuno per esempio pensa di potenziare i trasporti pubblici anzichè incentivare la guida di quelli privati) ma addirittura un ambito invisibile e irriconoscibile per i nostri attuali governanti (i politici hanno ormai violato e violentato l’immagine della cultura contaminandola ed abbassandola al rango delle altre merci) /
gli stessi ragazzi sono nella maggior parte dei casi recidivi ed impermeabili alle forme di aggregazione basate su un divertimento che non sia fine a se stesso, e temo che il percorso per coinvolgerli in attività capaci di rafforzare la loro coscienza critica sia lungo e debolmente condiviso /
in ogni caso bisognerebbe provare, davvero
un saluto
Pur condividendo la prima parte della lettera di Marco Lepre, vorrei puntualizzare in modo corretto la seconda parte, quella relativa alla pista di guida sicura. Quando si parle di guida sicura bisogna riferirsi non alla guida sportiva ma alla guida consapevole. Cosa significa? La guida sicura non fa stridere le gomme e rombare i motori, anzi. Le auto per gli esercizi pratici non viaggiano a velocità elevate ma attorno ai 30 – 50 Km/h.
Sono dotate nel retrotreno di un carrello che permette di simulare, a bassa velocità i possibili inconvenienti legati alla imperizia, alla non consapevolezza dei tempi di reazione, alle condizioni dell’asfalto, all’eccessiva confidenza del mezzo, al non utilizzo dei mezzi di protezione. Questi sono tutti parametri che possono, se non corretti, portare ad incidenti anche mortali. Si muore sulle strade anche a velocità di 50 Km/h ed il maggior tasso di mortalità è sulle strade urbane e non sulle autostrade. Vengono svolte, inoltre, lezioni teoriche che hanno lo scopo di formare, informare e rendere consapevoli i partecipanti sui rischi che un conducente può trovarsi ad affrontare anche per colpe non sue. A Tolmezzo è nato il primo comitato triveneto per la guida sicura di cui fanno parte oltre al Comune di Tolmezzo anche la Polizia Stradale, l’Associazione dei para-tetraplegici, l’Associazione delle Scuole Guida,l’Associazione dei periti per gli incidenti stradali ed altri ancora. Tutto ciò premesso, consiglierei anche a Marco Lepre di seguire i corsi che vengono proposti perchè la conoscenza non ha mai fine, in particolare quando si parla della propria vita. Ed un invito in tal senso anche ai giovani e alle loro famiglie. Ci si può guadagnare in vite umane ma anche monetariamente in quanto chi possiede quella che viene chiamata patente plus viene premiata dallo sconto sulle tariffe assicurative, senza contare i risparmi sui costi sociali. La Regione FVG e la Provincia di Udine hanno attivato politiche che vanno in questa direzione (la Lombardia ne è stata l’antesignana).
Condivido tutto quello che scrive Marco Lepre. Ma proprio tutto!
Forse sarà un caso, ma tutte le volte che sono di passaggio sulla strada statale, vedo sulla pista di guida sicura, macchine da rally o go kart…Sicuramente è una coincidenza. Tuttavia c’è da dire che in Carnia gli unici eventi degni di nota, strombazzati a destra e manca, sono le cronoscalate, i rally le gimkane (non c’è manifestazione in cui manchino) e via dicendo. E’ inutile dire “mai più” e poi incentivare certi discorsi trascurando una seria educazione alle REGOLE e attenzione al VALORE della vita! Non voglio demonizzare gli sport motoristici: i piloti professionisti infatti sanno che lo sport con cui fanno i conti è pericoloso e sono perfettamente coscienti dei rischi che si assumono in pista e nelle prove speciali. Alcuni ragazzi sulle strade comunali, provinciali e statali a bordo delle loro potenti auto che fanno il verso a quelle da gara, forse un po’ meno.
La lettera di Marco Lepre a mio parere, è condivisibile in diversi punti, meno in altri. Sono convinto anch’io sulla necessità di investire in cultura, ma – e qui non sono in sintonia con Lepre – è proprio un’esperienza come quella di Illegio nella quale sono coinvolti attivamente tantissimi giovani che può rappresentare un esempio di come valorizzare e far crescere una nuova cultura. Altro clamoroso esempio di questo sono i circa 40 ragazzi del gruppo teatrale dei salesiani che ogni sabato e domenica dedicano parte del loro tempo per condividere un’esperienaza culturale e di amicizia che non sia quella del bar. Ma penso anche ai tanti giovani che frequantano le scuole di musica o le associazioni di volontariato presenti nel nostro territorio.
Ciò che vorrei condividere con i lettori di questo blog, però, è un’altra mia riflessione, col desiderio di portare un contributo alla discussione, contributo che non vuole in alcun modo essere moralistico nè provocatorio, nè accusatorio verso alcuno. Cercherò di essere sintetico e al tempo stesso chiaro, e mi scuso fin da ora se non lo sarò.
Vi è nel cuore di ognuno di noi, ma in particolare dei giovani, un desiderio, ma direi anche un’esigenza, di felicità, di giustizia, di verità che rende l’uomo in continua tensione nella ricerca di una risposta ad esse. Strutturalemente il cuore di ciascuno pretende una risposta totalizzante, che abbracci cioè ognuno di noi per tutto ciò che ciascuno di noi è.
Ma cos’è che ha queste caratteristiche? Forse il denaro? O La carriera, la fama, il divertimento senza limiti, etc. etc? Credo che nulla che nasce dall’uomo, per definizione in quanto finito, abbia in sè le caratteristiche per essere la risposta alla domanda di felicità totale ch etutti noi abbiamo.
Questa risposta ci può venire solo da un Altro, è uno sguardo di Qualcuno di più grande che attraverso il volto di alcune persone ti aprono ad un Destino più grande.
A me capita spesso di incontrare giovani (ma anche adulti) che vivono questa esperienza di grazia: sono persone del tutto normali ma che evidentemente, per esempio, non sentono neanche il desiderio di fare esperienze “estreme” per sentirisi appagati e felici.
Sono convinto anch’io, come Marco Lepre, che la risposta non si può ridurre a corsi di guida sicura o a incontri per dire che il fumo o l’alcol fanno male.
E’ realmente un problema culturale, ma, e forse su questo Marco Lepre e molti lettori non saranno in accordo con me, da quando la società ha voluto allontanarsi – per una presunta maggior libertà – dalla Verità gli effetti culturali sono stati devastanti.
Mi sarebbe piaciuto anche dire qualcosa anche sulla necessità di noi genitori di far rispettare le regole, ma qui si aprirebbe un altro capitolo molto vasto e già vi ho portato via molto tempo.
Anche Gesù era un ribelle, un irresponsabile per la società ebraica. Dichiarava e faceva cose contrarie alla morale e all’etica in voga ai tempi degli scribi. Questa è una caratteristica che hanno i giovani del nostro tempo come l’hanno avuta i padri. Il problema reale è la complessità della società: la sua violenza, la sua ignoranza, la sua poca attenzione, la sua voglia di immagine. Nello stesso tempo l’uomo vive la sua incapacità a saper domare tutto questo, subisce la situazione come una cosa ineludibile. E tutto quello che riesce a fare, per contrastare questo stato delle cose, sono semplici palliativi che non risolvono ma attutiscono la tragedia. Questa tragedia la vivono tutti; non c’è credo, ideologia o filosofia che in questo momento riesce a contrastare in maniera vincente questo stato delle cose. Forse dovremmo parlare più spesso di queste cose, non solo in occasione di eventi tragici, darci una priorità tra le cose da fare. Parlare di più con i giovani, che non devono essere visti come soggetti fruitori ma come protagonisti consapevoli della loro vita, delle loro scelte, delle loro esperienze e del loro futuro. Un inizio è stato quello di venerdì, ora spero che non sia l’unico.
Ribelli!! Ma questi non sono ribelli, cioè persone che non si adattano al consueto e propongono un loro modello di vita, nè sono anarchici perchè è neel rispetto del prossimo il primo commandamento dell’anarchia.
Ragazzi, che salgono su rombanti macchine, bevono birre di marca ed ascoltano musica scelta da pubblicitari più vecchi di loro, non sono ribelli, tuttalpiù vittime della nostra ipocrisia. Tante cose possiamo e dobbiamo fare, ma soprattutto non fare i moralisti e cercare di capire e, magari, togliersi dai piedi e lasciar loro gli spazi per poterci provare.
Sono vuoti perchè non ci abbiamo messo dentro niente!!!
non è affatto vero caro Marco che non si promuova cultura in Carnia, vedi per esempio la Nuova Pro Loco di Tolmezzo che ha messo in calendario un convegno sugli UFO. Non sei mai contento e ti lamenti sempre…
” Tante cose possiamo e dobbiamo fare, ma soprattutto non fare i moralisti e cercare di capire e, magari, togliersi dai piedi e lasciar loro gli spazi per poterci provare. ”
Sono Sicuro di conoscere l’Adriano che ha digitato queste parole, perchè riconosco il suo modo di essere e quelli che sono i suoi principi , i suoi valori, il suo valore.
L’attenzione verso i giovani e la sua costante voglia di rinnovo.
Io ho 24 anni, sono studente di Giurisprudenza e “lavoratore molto precario” , e leggendo i commenti precedenti ho fatto alcune considerazioni. Inannzitutto , cari Signori, a mio avviso in questi giorni si è parlato di tante cose , facendo riferimenti e ricorsi a cose allucinanti e lontanissime dalla realtà.
La realtà è che io , nonostante conduca una vitta abbastanza regolare, retta e con dei saldi principi insegnatimi dalla mia splendida famiglia, trovo molta difficoltà a sentirmi parte della Comunità e a sentirmi a mio agio. Credo sia una grande sconfitta per chi la amministra e l’ha amministrata, se possiedono un minimo d sensibilità alle critiche e ai pareri.
Settimane fa , ricordo di aver letto un articolo, su un noto quotidiano locale , a mio parere “mediocre”, che narrava con orgoglio marcato il fatto che Tolmezzo, negli ultimi periodi si era popolata grazie allo spostamento verso il capoluogo carnico di molte famiglie da tutte le valli carniche. Molto interessante, se non altro perche in quei giorni in Comune si stava anche approvando un bilancio mi pare e quindi la notiziona ci stava. Peccato che io (che sono nel bene e nel male molto schietto e trasparente) avrei voluto corredare l’articoletto con un piccolo trafiletto che sostiene quanto segue: i giovani tolmezzini, o comunque una buona percentuale di questi, non vedono l’ora di avere un età o una sistemazione stabile per potersene andare da qui. Cercano università sempre piu lontane, e anche coloro i quali decidono di restare a studiare in regione , propendono per un “saltuario pendolarismo” , perchè chi prova a uscire da qui scopre davvero quanto poco c’è , sopratutto per i giovani.
Io non amo sputare nel piatto dove mangio, e in questo caso nel piatto dove ho mangiato per 24 anni, ma se io sono ancora qui, è perchè non ho avuto la fortuna di trovare stabilità per poter prendere e viaggiare, anche perchè il lavoro qui non c’è (Ma questo è un altro discorso) e per un giovane come me, che ama essere indipendete nella sua economia, questo pesa.
Questa prolissa considerazione per farvi capire che forse poco conta discutere su quanti convegni vengono organizzati dalla PRO LOCO , o se Gesu fosse o meno una testa calda. Ci vogliono azioni ad ampio raggio, mirate non solo al divertimento dei giovani , ma alla loro INTEGRAZIONE con la società, noi (Io) non vogli(o)amo la pappa pronta, ma vogliamo la POSSIBILITA’ di imparare a cucinare, e una volta tanto anche di sceglierci il MENU. E chissenefrega se le prime volte la pasta sarà scotta o senza sale, dopo un po si impara , e POI POTREMO FINALMENTE SMETTERE CON LA SOLITA MINESTRA RISCALDATA.
Volevo intervenire, rapido e , devo dirlo, molto confuso di fronte a ciò che è successo. molto, molto interessanti tutti gli interventi che, alla fine, tentano in qualche modo di capire ciò che sta succedendo, cercano una risposta, propongono soluzioni. in realtà l’ incomprensione tra generazioni è un tema ricorrente, e non da oggi. Quanta letteratura, infatti, e quante belle pagine su questo argomento. poi, però, la realtà e diversa, crudele, e quello che è successo fa male, brucia, lascia interdetti. il rischio più grande, in questi momenti di rabbia e confusione, è quello di generalizzare, di cadere in pre/giudizi, anche in buona fede. se ci giriamo e ci guardiamo indietro, si vedrà che ogni generazione ha avuto i suoi lati oscuri, che il nichilismo di intere generazioni non è una novità, che le morti assurde e inutili ci sono e ci saranno sempre, e purtroppo ne ho esperienza diretta. sarebbe bello che in questa sede a parlare fossero anche gli under 20, e che forse chiedono soltanto questo, poter parlare in non-luoghi, liberamente.
3 rapide imbeccate e chiudo:1 i ragazzi non sono un tutt’ uno monolitico, ma ciascuno di loro è diverso, speciale, unico, e proprio da qui bisognerebbe partire.2 non colpevolizziamo, ma approfondiamo 3 non dimentichiamoci, tra un paio di settimane, di loro.
Cordialità
Direi di lasciare perdere rally e kart che ora non c’entrano, guida sicura che in questo caso non risolve il problema ma “potrebbe” risolverne altri sottolineo potrebbe (dategli una possibilità a questi poveri cristi che li organizzano a basso costo), bus navetta sono troppo costosi e solo una società di trasporti può gestire e non verrebbero utilizati..
La soluzione UNICA, che vi piaccia o no, è TOLLERANZA ZERO.. dobbiamo entrare nella mentalità che chi guida non deve bere.. quindi si porta a 0 il limite… e poi vediamo.. a costo di togliere la patente a tutti, prima o poi si imparerà la lezione..
Finalmente si parla, si discute e ci si confronta. L’unica mia speranza è che ciò non accada solo sulla rete ( seppur il più grande veicolo di comunicazione di massa) ma sia un primo approccio propedeutico agli incontri personali. La giunta giovanile ha anche questo scopo e, dalle prime battute, direi che mantiene fede alle speranze di chi chi l’ha voluta. Soltanto con il confronto personale sano, leale e consapevole si può arrivare alla individuazione dei problemi (anche complessi) e alla loro risoluzione (anche soluzioni complesse). Compito della politica e degli Amministratori è accompagnare questi processi partecipativi che sembrano siano una delle poche strade a disposizione per ribadire che siamo persone umane (con tutti i suoi risvolti positivi e negativi) e che la società, nelle sue varie forme espressive è il loro patrimonio comune.
Innanzitutto ringrazio tutti quelli che hanno scritto, perché questa “discussione” dimostra che il problema che ho cercato di sollevare nel mio intervento, interessa anche altre persone e ciò deve essere di conforto.
Vorrei poi provare a rispondere, in successione, ad alcune osservazioni che sono state fatte, perché questo aiuta a capirsi meglio e ad approfondire i vari aspetti.
Nel suo primo intervento, MAURO chiarisce cosa si dovrebbe intendere per “guida sicura” e mi consiglia di seguirne i corsi. Non dubito che la mia “tecnica” di guida ne ricaverebbe dei sicuri vantaggi, così come ritengo che sarebbe più che utile imparare a controllare una sbandata su terreno bagnato o ghiacciato. Non è questo però, temo, che risolverebbe il problema degli incidenti in cui incorrono i giovani, dovuti, in gran parte, alla eccessiva velocità e all’abuso di alcool. Anzi, l’illusoria sicurezza di saper controllare l’auto con maggiore abilità potrebbe spingere qualcuno ad abbassare la guardia sul fronte della prudenza. Non dimentichiamo, poi, che per tenere delle lezioni di teoria o per simulare le situazioni di guida non occorreva una pista costata 590 mila euro, che serve, da quanto si può vedere, soprattutto agli “sportivi”. Mi chiedo, ad esempio, per quanti giorni all’anno ci sarà su quell’anello d’asfalto il fondo ghiacciato per poter simulare quel tipo di condizioni di guida o se sono state previste delle superfici da allagare per ricreare l’effetto “acqua planning”.
MAURO BISCOSI, invece, ritiene che io abbia “sminuito” l’esperienza di Illegio, che ha coinvolto “tantissimi giovani” e che può “rappresentare un esempio” di quello che, invece, si può fare. Non nego che le Mostre organizzate ad Illegio siano un’iniziativa importante e che abbiano permesso a quella località di farsi conoscere, … ma, quanto costano? E che ricaduta hanno sull’intero territorio della Carnia? Ammesso che ci fossero risorse disponibili, sarebbe logico e immaginabile riproporre esperienze analoghe per altre località della Carnia? Trent’anni fa l’Assessore alla Cultura del Comune di Roma, Renato Nicolini, divenne famoso con una serie di grandi iniziative (mostre, festival, concerti, proiezioni cinematografiche) che coinvolgevano migliaia e migliaia di persone e che allora vennero da alcuni associate negativamente alla categoria dell'”effimero”. Ma quella esperienza, che segnò un momento positivo e venne presa a modello da molte amministrazioni, nasceva in un contesto di strutture culturali esistenti e funzionanti. Da noi le Mostre di Illegio si inseriscono, invece, in un panorama abbastanza desolante. Dopo che si è visitata la mostra, cosa rimane ai giovani per gli altri 364 giorni? Credo che degli amministratori degni di questo nome si dovrebbero porre un problema di priorità negli interventi e dovrebbero cercare di utilizzare le (non molte) risorse disponibili per differenziare e arricchire l’offerta culturale.
Diversamente succede in modo inevitabile quello che ha evidenziato DANIELE QUATTRINI nelle sue considerazioni: i giovani, appena possono, non vedono l’ora di potersene andare. Confesso di aver vissuto, ai tempi dell’Università, la stessa sensazione e lo stesso “sdoppiamento” che probabilmente prova Daniele. Ai miei tempi, fortunatamente, c’era un modo per superare questo disagio e per riportare in Carnia quello che di positivo i giovani vivevano nelle città in cui frequentavano gli studi: esisteva il circolo universitario culturale carnico (CUCC) ed esisteva una rete diffusa di circoli culturali, coordinati tra loro, che proponeva attività ed iniziative praticamente in ogni paese. Forse qualcuno non lo sa o se l’è dimenticato, ma, prima che intervenissero o subentrassero le istituzioni pubbliche, praticamente tutte le principali esperienze culturali (dalle biblioteche alla Stagione di Prosa, dai cineforum itineranti alle mostre, dalle conferenze ai periodici di informazione, ai concerti musicali) sono sorte su iniziativa di questi gruppi e circoli prevalentemente costituiti da giovani. Verso la fine degli anni Ottanta essi sono andati in crisi, senza che in molti si ponessero il problema delle conseguenze della loro scomparsa.
Secondo me i giovani di oggi e gli amministratori attuali dovrebbero impegnarsi per ricostituire, in qualche modo, quella rete di associazioni. Perché, è vero, come dice MARCO, che ci vuole “tolleranza zero”, maggiori controlli, ma dopo … ? Siamo sicuri che in questo modo si risolvano veramente i problemi e che gli stessi non si ripresentino sotto un’altra forma?